Anna Maria Pioldi e Lorenzo Noè

Quarantatré anni dalla fondazione e cinque traslochi di sede, che a disegnarli su una mappa di Milano – da via Bianca di Savoia a via Orti, via Orobia, Balduccio da Pisa e infine da qualche mese Corso Lodi 59 – rappresenterebbero graficamente l’espansione dal centro alla periferia durante la grande stagione del design milanese. Per sistemarsi oggi, con una pausa nel suo moto centripeto,  proprio sul nuovo confine tra la mecca promessa dello Scalo Porta Romana (villaggio olimpico, parco, Fondazione Prada e relativa gentrification creativa) e il sudest cittadino, forse prossima area di evoluzione urbana. Funziona da sempre anche così, l’Istituto Superiore di Architettura e Design (ISAD): come un raffinato sismografo delle tendenze in campo estetico, professionale e sociale.
Quando nel 1980 Marinella Jacini lo ha fondato con altri quattro architetti, tutti staccatisi dallo IED,  anticipava l’esigenza di allevare una nuova generazione di designer in una incubatrice di idee più attenta di quanto possa mai essere una grande scuola con classi di quaranta allievi. Due anni dopo ha formato gran parte della prima leva di progettisti di giardino e architetti di paesaggio del nord Italia, prima ancora che quelle specializzazioni entrassero nei corsi di laurea dei Politecnici. Un anno dopo l’ISAD è stato tra le prime scuole a puntare sull’architettura navale, sfornando progettisti di barche a vela e motore e yatch designer per clienti d’élite. Nel 1995 ha portato il design italiano in Cina e progettato gli interni del grattacielo World Plaza e  dell’International Shipping Building a Shanghai. Nel 2010 ha varato il Master Design MaterialsDesign Textile Experiences, incentrato in particolare sullo studio della materia tessile per il design e la moda.

E oggi? A partire dalla nuova sede, più mimetizzata al piano terra del complesso delle Sette torri di quanto non volessero essere le due precedenti, in ex edifici industriali ricchi d’atmosfera, l’ISAD riparte, coordinato dall’architetto Lorenzo Noè, già responsabile del Master di interior design, dalla sua vocazione didattica inclusiva. Spiega Noè: «Studiare da noi per molti aspetti è come imparare lavorando in uno studio affermato di architettura. Ci sono figure guida, una quindicina di professionisti con studi attivi nella progettazione, e c’è un continuo confronto con gli allievi, non più di 10 per classe. Che da parte loro esprimono tutte le potenzialità ma anche il livello crescente di ansia per il futuro della loro generazione».
Al corso triennale di interior design (da ottobre, 1200 ore all’anno, obbligo di frequenza) si accede col diploma di scuola superiore, quindi anche le fragilità formative della formazione di base hanno il loro peso: «Diciamo che le provenienze degli studenti sono le più disparate, a volte anche lontane dalla scelta finale di fare il designer», sintetizza la responsabile della segreteria Anna Maria Pioldi. «Perciò occorre aggiungere alla motivazione personale le competenze richieste durante il percorso».


Non sempre aiuta l’attrattiva mai così alta del mondo del design: come in altre professioni creative ambite, l’allargamento della platea degli aspiranti ha come conseguenza l’irrigidimento dei percorsi formativi in corsi di laurea che presuppongono conoscenze poco fornite dall’istruzione di base. È l’anello mancante su cui Noè insiste nel suo progetto educativo: «Nel primo anno lo scopo prioritario è armonizzare le competenze, disegnando una mappa precisa dei saperi, che illustra il percorso da ciò che devi saper fare all’inizio, per esempio usare bene le tecniche di rappresentazione fisiche, tridimensionali e digitali, a ciò che saprai fare alla fine dell’iter, cioè la progettazione creativa di un ambiente, di uno spazio commerciale, residenziale o pubblico, che sarà la tesi finale del corso».
Gli sbocchi? «C’è chi, spesso attraverso gli stage del secondo e terzo anno, diventa assistente in uno studio di architettura (un mio validissimo assistente per esempio si è formato qui). E chi, a corso triennale finito, forte di ciò che ha imparato e capito, prosegue la formazione iscrivendosi al Politecnico. Mentre dai corsi di laurea arriveranno naturalmente gli allievi dei master annuali e degli workshop brevi organizzati durante l’anno».
Un ultimo obiettivo, tutto interno: «Aumentare il numero delle docenti, oggi solo 3 contro 12 maschi in cattedra. Mentre tra gli allievi la proporzione è inversa…».

Ulteriori informazioni su www.isad-school.com