di Luca Cecchelli

Martino Iacchetti riporta in scena insieme a Elena Martelli la vicenda storica, sociale e sentimentale di John Lennon e Yoko Ono, domani sera e domenica al Teatro Delfino


Ha debuttato lo scorso marzo lo spettacolo di cui tu ed Elena Martelli siete oltre che attori anche autori: perché la scelta di una drammaturgia proprio su John Lennon e Yoko Ono?
«Tutto ha avuto origine da una passione personale che ho sempre coltivato per la figura di Lennon. Forse perché sono nato in una famiglia che mi ha cresciuto a pane e Beatles. Innumerevoli le domeniche mattine in cui i miei genitori ascoltavano i vinili di John Lennon – non so dire se Imagine sia stata la prima canzone che ho ascoltato, certo la prima di cui ho ricordo. Da quelle canzoni ho sempre percepito una sensazione di pace e serenità che mi ha incuriosito ad approfondire tutto l’operato di John Lennon dopo i Beatles, quella fase della sua vita forse meno conosciuta ma più intima.

È tempo che avevo desiderio di poter lavorare con i miei colleghi sulla sua figura. E oggi, con l’affacciarsi di quella che sembra essere una nuova cultura della guerra la nostra urgenza di teatranti è diventata quella di raccontare al pubblico questa coppia, con il conseguente disagio di rieducarci al principio della pace.

“Il nostro vuole essere un tentativo artistico per tornare a rieducarci alla parola pace”

Una riflessione che ci ha fatto inevitabilmente apparire davanti le figure di John Lennon e Yoko Ono. Proprio perché la loro storia d’amore, vissuta attraverso tutte quelle azioni di attivismo pacifista e la musica, ci è arrivata come un’illuminazione».

Oggi che peso dai a quella coppia in quei turbolenti anni ’70? Che significato ha riportare in scena il loro attivismo oggi?
«Studiando le loro molto criticate azioni contro il sistema, oltre a capire quanto fossero stati devastati dalla stampa, abbiamo realizzato la loro capacità di essere d’esempio e destare le coscienze a un grande movimento di protesta giovanile. Abbiamo compreso il grande valore del loro contributo nell’educare alla pace, a una condivisione di valori importanti, oggi magari dati per scontati, ma ancora drammaticamente attuali e da difendere. Portare la loro esperienza al pubblico di oggi è di aiuto a noi stessi per primi nel mettere in atto un’azione capace di destare attenzione sul tema della pace».

“Chissà cosa avrebbero fatto oggi insieme, ottantenni, di fronte a questo panorama mondiale”

Oltre la vulgata della responsabilità di Yoko nella rottura dei Beatles, vagliando tutto il materiale a disposizione che idea ti sei fatto del loro rapporto? Cosa emerge? Cosa avvalorare e cosa smentire?
«La prima cosa che si pensa di Yoko Ono? La strega che ha diviso John Lennon dai Beatles. In realtà una figura da artista d’avanguardia, molto progressista. Le sue erano performance di difficile interpretazione, a tratti deliranti, lei stessa un personaggio di difficile lettura. Persino nelle interviste è sempre immobile, silenziosa, di poche parole. Una personaggio molto difficile a cui approcciarsi, soprattutto dal punto della resa teatrale. Anche se a mano a mano, dal materiale che abbiamo visionato, ci siamo resi conto di quanto sia stata la vera scintilla di tutto quello che è accaduto nell’operato di John dopo i Beatles. Colei che in alcuni momenti lo ha persino messo a disagio, ma gli ha comunque dato modo di schiudere la sua creatività in una direzione che probabilmente non avrebbe captato da solo. John attraverso Yoko ha scoperto un nuovo lato di sé. Basti pensare alla dichiarazione di John in un’intervista che rilasciò anni dopo la pubblicazione di Imagine, nella quale affermava di aver sbagliato a firmare la canzone come unico autore, biasimando il fatto di non aver accreditato anche Yoko, dato che l’idea della canzone di immaginare un mondo senza guerre, senza religioni e nel quale tutti vivono per l’oggi e in pace, era stata sua. Due personalità artistiche che si sono fuse in maniera totale in un’unione di intenti non solo sentimentali ma anche di pensiero, portando al mondo qualcosa in cui ancora oggi molte persone credono».

Yoko Ono, pur fondamentale in questa unione, in quegli anni resta sempre un po’ nell’ombra. Quale risulta la resa scenica?
«Il punto di vista di Yoko è qualcosa a cui anche io mi sono dovuto abituare: ci sono riuscito grazie a Elena Martelli e Bruna Serina de Almeida, donne con una sensibilità completamente diversa dalla mia, molto più profonda e accogliente. Grazie a loro siamo riusciti a cogliere al meglio l’essenza, anche scenica, di Yoko e quindi portarla alla luce e di conseguenza al pubblico oltre il pregiudizio della cultura di massa».

È stato istintivo scegliere la forma del teatro-canzone per raccontare questa coppia?
«La forma del teatro-canzone è quella che da subito ci è sembrata più efficace. Un teatro canzone alternato a momenti attorali in cui facciamo parlare i personaggi, altri in cui ha prevalenza la narrazione, altri puramente musicali. Questa la forma che ha assunto lo spettacolo».

Le canzoni in scaletta sono scontate o si scopriranno brani inaspettati?
«La canzone da cui tutto ha preso forma non è Imagine, ma Love. Uno dei brani forse meno popolari di Lennon ma quello che dà senso e direzione allo spettacolo. Love is real, real is love: questo il verso da cui siamo partiti. Un verso che non significa solo “amore” ma anche pace e libertà. E poi in scaletta altri titoli che non spoilero insieme a contributi audio a fare da vestito sonoro. Molte canzoni saranno performate da me, piano e voce e comunque assicuro che non mancheranno certi classici, ormai parte di un’opera artistica unica nel suo genere».

“Ho potente nella mia mente l’immagine di Lennon al piano, che adoro.
E l’idea di mettermi io stesso al piano indossando i suoi occhiali, fondendo il mio personaggio col suo,
mi fa raggiungere momenti di grandissima intensità ed emozione”

Tu chi sei nello spettacolo?
«Non sono Lennon e non sono io. O forse un po’ io, un po’ John? É una scoperta continua. Risulta difficile da parte mia avere la pretesa di poter essere lui, considerando che Lennon è morto che io ancora non ero nato e neppure ho vissuto quegli anni. Cosa mi ha aiutato a entrare in sintonia col suo messaggio e personaggio? La sua musica, mezzo attraverso il quale mi risulta più semplice arrivare a fondermi con lui. E portare alla luce tutta l’immensa sensibilità di quest’uomo, raccontandolo a partire da quello che ha dato a me lavorare su un simile personaggio per farlo mio in scena. Non potrò mai essere nella sua testa, ho solo provato a esprimere quello che ho percepito».


In che misura questa coppia resta legata ai suoi tempi e quanto risulta contemporanea?
«John Lennon è sicuramente un uomo legato ai suoi tempi, ma continua a essere contemporaneo: questa è la sua forza. E la forza stessa che scaturisce da questo spettacolo.
C’è una eccezionalità in quella coppia, due figure votate all’umanità. Figure che non hanno trovato eredi o che riconosco sempre meno. Oggi vorrei vederne, ma non ne vedo. Per questo siamo andati a riprenderli indietro nel tempo. Quel loro coraggio e la loro forza hanno la capacità di incidere ancora in questi anni che stiamo vivendo. Dunque guardando a oggi mi rendo conto che sì conviene ancora attingere da quel passato, ma senza nostalgia. Solo per riprendere l’ispirazione e il filo di un’operazione culturale che aveva sicuramente il merito di aver battuto la strada giusta».

“Uno dei più grandi meriti di John & Yoko è stato quello di accorgersi della grande fama e risonanza che avessero qualsiasi cosa facessero. E hanno usato nel modo più giusto umano e sensato la loro immagine per fare del bene nel resto del mondo”

Il pubblico: come hai sentito reagire a questo spettacolo vecchie e nuove generazioni?
«É stimolante avere in sala spettatori che hanno vissuto quegli anni a cui smuovere sensazioni molto forti e che si emozionano nel considerare quanto l’operato di questa coppia sia incisivo ancora oggi, ma anche nuove generazioni incuriosite. Oggi come oggi è praticamente impossibile non venire a sapere chi siano stati John Lennon e Yoko Ono, però non tutti conoscono il loro trascorso e tutta un’altra serie di informazioni oltre a quelle ufficiali che portiamo in scena. Momenti iconici come quello del bed-in in cui cantiamo Give peace a chance. Nel riproporre quel momento è molto toccante percepire sempre tanta condivisione nel cantare insieme agli spettatori oggi “diamo una possibilità alla pace”».

“Mi ha colpito recentemente un’immagine di donne palestinesi con un cartello recitante “Give Peace a Chance”. Parole di una canzone di John e Yoko che ancora hanno una forza universale”

Si ringrazia Sara Di Giacinto per la collaborazione

JOHN & YOKO
2 – 3 dicembre 2023
di e con Elena Martelli e Martino Iacchetti
Regia Bruna Serina de Almeida
Produzione Oltreunpo’ Teatro

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Luca Cecchelli
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