Dopo “Nun te regg più” con Gabriele Cirilli, suo partner in “Tale e Quale Show” su Raiuno, Francesco Paolantoni porta al Teatro Delfino una divertente commedia a tema shakespeariano, per la prima volta a Milano

Francesco Paolantoni in scena con Stefano Sarcinelli

Napoletano ma molto legato a Milano – città frequentissima per lavoro già dai tempi del celebre Robertino di Mai dire gol, trasmissione diretta dalla Gialappa’s, passando per Quelli che il calcio e tutt’ora a Che tempo che fa con Fabio Fazio – Paolantoni porterà in scena da venerdì 12 aprile una commedia ispirata a Otello come autore e interprete, per la regia di Gianluca Guidi e le scenografie degli studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli. Per chi ha cominciato a goderselo televisivamente dai tempi del Cupido di Indietro tutta negli anni ’80 o attualmente tutti i lunedì a Stasera tutto è possibile su Raidue, questa sarà un’occasione per godersi il grande comico napoletano in scena prima della pausa estiva.

 

Fanno tappa anche a Milano le disavventure di una compagnia amatoriale intenta a provare uno spettacolo che deve debuttare la sera successiva, Otello. Come nasce il plot di questa commedia costruita sul gioco del teatro nel teatro?
«Il primo seme è stato quello della ricerca di uno spunto legato a una tematica tristemente attuale: la gelosia delirante a cui sono associati comportamenti aggressivi come lo stalking, fino a livelli più gravi che portano a suicidio e omicidio. Un comportamento che ha un nome preciso: “sindrome di Otello”. Dal pretesto offerto dal testo shakespeariano ho costruito una commedia a metà tra Pirandello e riferimenti a Rumori fuori scena, ma soprattutto basata sul meccanismo della commedia dell’arte.

 

“Tengo molto al meccanismo della commedia dell’arte. Soprattutto perché sono napoletano, patria di questo genere e culla dell’improvvisazione. Mi piace sapere che in ogni replica lo spettacolo possa arricchirsi di nuovi elementi perché gli attori hanno la libertà di esprimersi e inventare, portando sempre nuova energia al pubblico”

 

Una compagnia di attori filodrammatici partenopei, anziché portare in scena uno scontato titolo di Eduardo – cosa che gli amatoriali a Napoli usano fare spesso – viene guidata dal proprio regista ad affrontare il tema della violenza sulle donne. E così la scelta ricade appunto su Otello. Venendo poi a mancare l’attore principale, il regista sarà costretto lui stesso a interpretare il protagonista senza conoscerne la parte, affidandosi a un pessimo suggeritore…e da lì in poi succederà di tutto».

“Il primo atto si sviluppa tra tentativi di prove, deliranti discussioni tra attori, dissertazioni psicologiche sui rapporti e la disperazione per l’assenza imprevista del protagonista che avrebbe dovuto interpretare Otello”

 

Che compagnia è quella che racconti?
«Vittima di tutti i problemi e le esigenze che le classiche compagnie amatoriali hanno. In primis attori che non si presentano per altri impegni del quotidiano. Gente che vive la pratica attorale molto liberamente, anche se il regista vorrebbe che si impegnassero tutti più seriamente, come fossero professionisti. E qui c’è un altro mio “semino”, cioè la polemica sul senso di poter ancora fare teatro dignitosamente».

In che senso?
«Gli attori oggi fanno fatica a lavorare, quasi non vengono considerati più parte di una categoria. Sempre più complicato fare questo mestiere con i tagli e tutto quello che sta accadendo. Tanto che ancora se qualcuno dichiara di fare l’attore si sente rispondere “Sì ma di mestiere che fai?” A meno che non si tratti di professionisti di alto livello, che nessuno possa mettere in dubbio, tutti gli altri che operano normalmente ma che non sono famosi non sono considerati lavoratori. O si pensa che debbano necessariamente avere un altro lavoro. Però se fai un altro mestiere non sei un professionista…per cui non se ne esce!»

“Sembrerebbe più facile fare spettacoli con compagnie amatoriali.
Più comodo e forse addirittura anche più remunerativo”

 

I meccanismi comici dello spettacolo si basano inevitabilmente sulla conoscenza di personaggi e dinamiche della commedia shakespeariana. Bene, quanto senti essere popolare questo testo?
«Mi sono accorto che non lo è come credevo! Ed è qualcosa che mi ha fatto assai impressione: non mi aspettavo che molte persone, soprattutto pubblico di teatro o giovani laureati, non conoscessero la storia di Otello. Cosa che veramente mi ha avvilito enormemente. Tanto che sono stato costretto a inserire alcune informazioni sulla tragedia durante lo spettacolo. Pensavo francamente di riferirmi a un testo che avesse una certa rilevanza culturale e per questo avere molta più libertà di concentrarmi sul mio spettacolo comico. E invece mi sono più volte ritrovato a parlare di qualcosa che la gente non conosce bene, ma me ne sono reso conto dopo il debutto. Vivo però piacevolmente questa situazione, con la consapevolezza di offrire io l’occasione per leggere qualcosa di Shakespeare. Una occasione per conoscerlo: ecco un altro semino che mi piace piantare».

 

Come dovrebbe appunto esser noto Otello è archetipo della passione amorosa che, sviata dalla gelosia, conduce all’autodistruzione. Quanta attualità c’è in questo personaggio?
«Moltissima, mai come di questi tempi. Come dicevo è stato proprio d’ispirazione perché purtroppo i meccanismi più profondi di questa sindrome o sentimento, la gelosia, sono sempre gli stessi, ancestrali. Coloro che ne soffrono malamente non hanno proprio possibilità di opporsi a questa sintomatologia, è qualcosa che evidentemente logora il cervello. Mi interessa affrontare l’argomento, pur in questa chiave leggera».

 

 

“Al mio fianco un cast di attori straordinari, da Stefano Sarcinelli, mio storico partner di sempre, ad Arduino Speranza che lavora con me da anni, insieme ad altri quattro attori bravissimi e divertenti, con grande complicità e affiatamento”

 

Senza spoilerare: perché hai dichiarato che il finale della commedia non è un vero finale?
«Semplicemente perché, come ci si potrebbe aspettare, non è il vero finale di Otello. È un finale che salva l’amore. E che, insomma, non finisce in tragedia…(sorride

Luca Cecchelli
© Riproduzione riservata

Si ringrazia Sara Di Giacinto per la collaborazione.

O…TELLO, O…IO
Dal 12 al 14 aprile 2024
di Francesco Paolantoni
Con Francesco Paolantoni, Stefano Sarcinelli, Arduino Speranza, Raffaele Esposito, Viola Forestiero e Felicia Del Prete
Regia Gianluca Guidi

http://www.teatrodelfino.it/myportfolio/o-tello-o-io/
https://www.facebook.com/TeatroDelfino
https://www.instagram.com/ilmecenate_teatrodelfino/