Un apporto preciso alla conoscenza e alla diffusione del valore del teatro è insito nei lavori e nell’impegno culturale di Paolo Bignamini, regista teatrale, giornalista e drammaturgo. La presenza costante della sua attività nei teatri di zona 4 si evidenzia da tempo in progetti espressi in varie tematiche e contesti di cui parliamo incontrandolo.

Paolo Bignamini

Quali sono le collaborazioni instaurate e in corso?
«I teatri con cui lavoro in questa zona sono Teatro Franco Parenti, Teatro Oscar deSidera, la Sala degli Angeli di conseguenza al rapporto che ho con il Teatro de Gli Incamminati».
Ci illustri alcune delle regie sviluppate.
«Il Teatro Franco Parenti ha ospitato progetti teatrali legati alla mia collaborazione con Università degli Studi di Milano, spettacoli che nascono da progetti di ricerca dell’ateneo di Maddalena Mazzocut-Mis, Professore di Estetica. Lo scorso anno abbiamo lavorato su “Colline come elefanti bianchi”, testo di Ernest Hemingway, sul tema dell’incomunicabilità fra un uomo e una donna, presentato a marzo 2023 al Parenti e riproposto a febbraio 2024 alla Sala degli Angeli. Quest’anno abbiamo elaborato Changes, un progetto molto articolato che riflette sul rapporto fra teatro e tecnologia e il primo esito in scena ad aprile è stato Julie, adattamento da La signorina Julie di August Strindberg e prodotto dal Centro Teatrale Bresciano».
Per il teatro Oscar deSidera e la Sala degli Angeli quali altri progetti?
«Sì, collaboro per le iniziative speciali. La bibbia che non ti aspetti è dedicato alla scoperta delle Scritture. Quest’anno si sono svolti quattro incontri con Luca Doninelli, Paolo Cognetti, Gian Mario Villalta e Marco Balzano, Nicola Lagioia. Questo ciclo, ideato da Luca Doninelli, mette in evidenza come molte delle storie che ancora oggi sono raccontate hanno le proprie radici nella scrittura biblica e l’idea è stata di vedere, raccontando dal punto di vista laico, la Bibbia come fonte inesauribile di esperienza per gli scrittori. Un altro progetto è Versus che racconta le due anime di Milano, con serate impostate su un doppio binario di due elementi che scherzosamente si contrappongono e compongono le due facce della milanesità, come Gaber vs Jannacci e San siro sì vs San Siro no».
Fra i suoi lavori quali sono di particolare significato?
«La versione teatrale di Hiroshima Mon amour dalla sceneggiatura di Marguerite Duras, con testo di Fabrizio Sinisi. ha debuttato proprio al teatro Oscar deSidera e lo cito sia perché indaga su temi a me cari di una certa drammaturgia e letteratura francese del Novecento sia per una riflessione sul tempo, lo spazio e la Storia.  La scrittrice ha scelto di raccontare la perdita di cui si parla nel film, la tragedia della bomba di Hiroshima, attraverso la perdita individuale dell’amore, mettendole in relazione. Un’altra regia diretta che considero è Noi saremo felici ma chissà quando, spettacolo che parte da alcuni articoli da Diario da Belgrado di Buljana Srbljanovic, scrittrice serba. È un testo che fa capire e renderci conto di quello che hai solo quando lo perdi, la pace in senso specifico. Questi due spettacoli formano le proprie radici molti anni prima che tristemente tornassero di attualità in modo così vicino a noi per la guerra. Fra le prossime realizzazioni, per la promozione della cultura italiana, dal 15 al 27 maggio 2024 è in programma in Svizzera la seconda edizione di “I libri in scena”, festival teatrale in lingua italiana organizzato da Teatro de Gli Incamminati, che prevede anche una versione speciale in forma di concerto teatrale de La Locandiera di Carlo Goldoni».
Quale è la sua concezione sull’arte del teatro, in particolare collegata all’interesse delle persone?
«Posso dirvi che il teatro è un’occasione per riuscire a vedere il mondo un poco oltre il nostro perimetro abituale. L’idea di poter cercare attraverso il linguaggio teatrale di indagare una complessità maggiore in uno spazio che è quello della messa in scena, della rappresentazione, può consentire di capire al di là dei limiti di quanto noi già vediamo e conosciamo. Se il teatro diventa questo, uno strumento di approfondimento e conoscenza, secondo me è uno sforzo che vale la pena compiere».

Antonella Damiani

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