È del 2015 la prima rappresentazione “revival” allo Spazio Tertulliano di un genere che ha avuto il merito di rilanciare ufficialmente Gianfilippo Falsina in Italia e pochi altri a livello internazionale: il Grand Guignol. Per chi ancora non conoscesse questo tipo di spettacolo QUATTRO ve ne racconta la storia fino alle nuove prospettive di Falsina, regista e attore, oggi attivo collaboratore anche in veste di drammaturgo e insegnante presso il teatro diretto da Giuseppe Scordio.
Milanese con la vocazione del palcoscenico fin da bambino, Gianfilippo Falsina, dopo essersi formato presso IULM e teatro Arsenale, fonda nel 2010 l’Associazione Convivio d’Arte per lo studio e la ri-messa in scena di forme di spettacolo antiche e desuete. «Stavo facendo ricerche sul teatro giallo degli anni ‘40 in Italia e ho notato che molte compagnie riportavano sui loro testi la dicitura: “ex Grand Guignol” – spiega Falsina -. Incuriosito ho cominciato a setacciare le pochissime fonti per saperne di più».
Il Grand Guignol è una forma di spettacolo legata alla moda francese di fine ‘800 di riportare su quotidiani come il Petit Parisien fatti e illustrazioni di cronaca nera: «Per appassionare a quegli episodi orribili Oscar Méténier apre nel 1897 a Parigi un teatrino nel quale rappresentarli, il Grand Guignol: l’intuizione è intrattenere il pubblico raccontando comicamente il lato oscuro della società contemporanea. Il significato di Guignol è “buffone”: proprio come nello spirito del teatro dei burattini l’intento era far ridere in scena in maniera crudele ma farsesca, attingendo da quello che oggi chiamiamo true crime». La formula conquista Parigi, passa per Londra e arriva in Italia con la compagnia di Alfredo Sainati in auge fino a metà anni ‘40: «Il tramonto del genere intorno al 1963 si deve all’eccesso delle ben più cruente e quotidiane tragedie della Seconda guerra mondiale, portate dalle trincee alle strade delle città e l’affermazione degli effetti speciali del cinema horror. In questa sfida con il cinema inoltre i registi di Grand Guignol commettono l’errore di spingere sempre più sull’entertainment a discapito delle trame, tanto che le ultime pièce anni ’50 involvono a rapidi sketch o commediole sexy, la cui principale attrazione sono belle ragazze ammazzate a seno scoperto (scream queens)».
Finalmente nel 2014 il nostro decide di fondare il “Grand Guignol de Milan”: «Ho voluto ripristinare la tradizione di un teatro di Grand Guignol originale: dalla mia prima opera, un cabaret degli orrori in stile anni ’20, ho iniziato un percorso che ha poi incontrato l’interesse di Giuseppe Scordio, il quale mi ha invitato a portare in scena al Tertulliano Alice in Underland (2015), mia rivisitazione di Alice allo specchio. Da allora Scordio mi ha sostenuto, permettendomi non solo di scrivere 40 spettacoli ma tenere anche il primo corso: una masterclass per attori basata sui principi della dinamica vittima/carnefice, alla scoperta del lato oscuro di personaggi dall’apparenza pulita e riferimenti letterari, da Edgar Allan Poe a Louis Stevenson al gotico».
La compagnia di Falsina a oggi è riconosciuta come una delle sette rappresentanti al mondo: «Il risultato è qualcosa di molto fisico, un’esperienza cinematografica dal vivo che fa largo uso di pantomima e tecniche dell’era del muto, con scene drammatizzate in musica. Devo molto anche a Luciano Tovoli, grande direttore della fotografia». Prima tappa di Falsina nella creazione di uno spettacolo di Grand Guignol è la ricerca di un fatto di cronaca nera ma sempre del passato: «La platea segue con più distacco attori in costume, distanza che permette di abbracciare totalmente la storia risvegliando una cattiveria innata, solitamente assopita dal perbenismo borghese. Le giovani generazioni di spettatori vengono così condotte per mano in questa catarsi da soggetti grotteschi e macchiettistici che sanno suscitare un umorismo che muta in dramma».
Chi è appassionato a questo tipo di rappresentazione oggi? «Un critico ha detto che il nostro non è pubblico di teatro. Nemmeno però quello del Circo de los Horrores, perché nel Grand Guignol c’è un elemento morale: manipolare la sfera psicologica di un assassino o un pedofilo creando le condizioni per empatizzare con un mostro è un processo che porta a quello che definisco “teatro della gogna”. Qui vittima e carnefice sono due facce della stessa medaglia, infine giudicati direttamente dai presenti, secondo la logica della pubblica piazza».
Una media di quattro spettacoli l’anno, di questi almeno tre prodotti al Tertulliano, concepiti come una trilogia. Materia di questa stagione è la verità: «Dopo Samhain – Il lato oscuro dell’Irlanda, sul pericolo delle allucinazioni capaci di condizionare l’idea di verità, in questi giorni sto ultimando la messa in scena de La Vampire – Cronache di New Orleans, drammaturgia sulle origini del vampiro americano basata sull’“effetto farfalla”, cioè la teoria del caos e della verità relativa: elementi che insieme supportano l’ipotesi che una menzogna radicatasi nei secoli possa generare credenze moderne. Ad aprile infine in Temporis – Il mistero del viaggiatore nel tempo affronterò l’aspetto della verità dietro la notizia, con testimonianze relative ad apparenti e appunto inspiegabili viaggi temporali».
Come avviene di volta in volta la scelta di questi argomenti? «Parto da aneddoti curiosi e poi approfondisco leggendo tutto quello che li riguarda, non so mai in cosa incapperò. Come recentemente, preparandomi lo scorso ottobre in occasione del centenario pucciniano quale protagonista di “Intervista impossibile a Giacomo Puccini” presso il casello daziario di piazza Cinque Giornate – su ispirazione del libro di Giovanni Chiara Liù ha ucciso Turandot edito da QUATTRO – ho rintracciato le radici granguignolesche de Il Tabarro, opera minore su libretto di Giuseppe Adami. Amo intrattenere e divulgare, condividendo tutto questo con una sempre crescente comunità di seguaci affascinati dagli aspetti storici e artistici della mia rinnovata ricetta di Grand Guignol».