Da quando è residente in zona 4 è sempre più facile incrociare Christian Rocca, giornalista, direttore de Linkiesta e responsabile di Radio Parenti. Dove? Potreste incontrarlo proprio al teatro di via Pier Lombardo, o lungo il tragitto che ogni giorno percorre da casa sua alla redazione, non distante. QUATTRO lo ha intervistato nella sede di via Ripamonti.
Da quanto tempo vive qui in zona?
«Sono siciliano, a Milano sono venuto inizialmente per studiare e laurearmi in giurisprudenza. Mi sono però trasferito da queste parti solo nel 1997. All’epoca questo era un quartiere popolare, ancora lontano dalla modernità dei grandi progetti che oggi lo stanno sempre più valorizzando. Me ne resi conto soprattutto a partire dal 2010, dopo che ci tornai a risiedere stabilmente a seguito di una decina d’anni nei quali avevo fatto la spola con New York come corrispondente: pur mantenendo questa identità popolare, cioè viva, le strade stavano cambiando volto. Via Fiamma ad esempio si è riempita di locali, come via Cadore e viale Montenero. Oggi mi ricorda molto una certa Broadway».
Un rapporto con la zona sempre più stretto anche per la collaborazione col Teatro Franco Parenti immagino.
«Avevo cominciato a frequentare la sala molti anni fa, specialmente per incontri culturali e avevo conosciuto Andrée Ruth Shammah. È stato però negli ultimi cinque anni che abbiamo legato di più, grazie anche a un amico comune, Sergio Scalpelli – colui che mi assunse a Il Foglio. Ho scoperto sempre meglio quanto il Parenti sia un vero luogo di impegno civile. Convinzione confermata lo scorso maggio anche dalla meraviglia negli occhi di molti partecipanti alla seconda edizione del Festival Gastronomika – evento legato al nostro omonimo quotidiano digitale con focus su cultura e industria del cibo – che hanno avuto modo di visitare il teatro per la prima volta».
Oltre al Festival Gastronomika altri eventi al Parenti hanno contribuito a consolidare la complicità con Linkiesta.
«Ogni anno a novembre, dal 2019, organizziamo qui il Festival de Linkiesta. Ma è capitato anche che a marzo 2022, subito dopo l’invasione dell’Ucraina, Linkiesta, insieme a Repubblica e Teatro Parenti abbia programmato una serata condotta da me, Maurizio Molinari e Andrée. Così come lo scorso ottobre quando sono scoppiate le proteste iraniane. Tutti eventi di cui Andrée ed io siamo molto orgogliosi. Il Parenti è casa».
Come è arrivato a Linkiesta da Il Foglio?
«Chiamato dalla proprietà, ai primi di ottobre 2019. Linkiesta esisteva già da 11 anni come quotidiano digitale con attenzione alle questioni economico-finanziarie, ma senza particolare orientamento politico. La testata è nata per volontà di una settantina tra professionisti e imprenditori guidati da Guido Roberto Vitale, con l’intenzione di investire in una nuova iniziativa giornalistica. In questa pattuglia senza vero padrone era tutto delegato al direttore. A oggi sono rimasti una trentina di soci. C’è stata subito buona disposizione ad affidarmi le chiavi del giornale. Da allora ho gradualmente dato inizio a una serie di operazioni che ne hanno cambiato la forma».
Quali sono stati i suoi obbiettivi di innovazione?
«Scardinare la concezione obsoleta per cui i quotidiani debbano essere solo digitali o cartacei. Se lavori nel business dei contenuti devi poterli distribuire attraverso più canali possibili. Secondo obbiettivo: dare al giornale un ruolo nel dibattito pubblico. Col mio arrivo, all’inizio del governo Conte 2, si assisteva all’insorgere del populismo. Linkiesta è diventata l’unica testata, non schierata a destra, a criticare il governo, sia per scelte precise durante la pandemia che per un sostanziale approccio culturale. Convinti che le persone serie – quelli che chiamavamo “gli adulti nella stanza dei bottoni” – non dovessero scendere a compromessi con il bipopulismo di destra e di sinistra, individuando una strada alternativa. Questa scelta ci ha dato rilevanza e attenzione, ottenendo risultati gratificanti in termini di audience e pubblicità, crescendo in modo da poter dare avvio a una serie di iniziative parallele, a cominciare dalla prima edizione del Festival al Parenti».
Come si sono articolate le vostre nuove proposte?
«Sul modello del quotidiano digitale abbiamo ideato Gastronomika, testata sopracitata; Europea, con focus sugli avvenimenti di Bruxelles e delle capitali dei paesi membri dell’Unione; Greenkiesta sulle questioni relative alla salvaguardia del pianeta. E poi cartacei: la rivista letteraria K, concepita più come un libro e pubblicata due volte l’anno. Per ogni numero un tema di ispirazione proposto a una ventina di scrittori italiani – affermati, emergenti, esordienti o vincitori di premi – per comporre esclusivamente racconti originali. E poi Linkiesta Eccetera, rivista di lifestyle, moda e design, sia digitale che cartacea».Di quale prodotto va più orgoglioso?
«Una collaborazione a contratto triennale – già rinnovato per altri tre anni – con uno dei più grandi giornali del mondo: il New York Times. Pubblichiamo in esclusiva in Italia tre riviste intitolate Turning Points, World Review e The Big Ideas in edizioni di qualità. E poi la fondazione di una casa editrice che si occupa di una collana di saggistica sulla società contemporanea: al momento in catalogo la ristampa del libro Socialismo liberale di Carlo Rosselli e altri due titoli di attualità».
Quali sono i risultati più importanti dell’evoluzione della testata?
«La diversificazione del business a partire dal web. Strategia che sta fruttando sempre più dal punto di vista economico, al punto di avere oggi persino una nostra agenzia di contenuti per clienti terzi: da siti internet per imprese a riviste corporate, a cataloghi per aziende di design. Le nostre pubblicazioni cartacee, acquistabili tramite nostro sito o durante i nostri eventi, si trovano anche in edicola – per ora a Milano, Roma e nelle stazioni e aeroporti delle grandi città. Oppure in alcune librerie indipendenti. Non fanno numeri giganteschi, però vanno ad “aggredire” tante nicchie. Considerando la disponibilità di una redazione di una quindicina di persone, oltre naturalmente a molti collaboratori esterni. E io, oltre al mio editoriale settimanale, spero di poter tornare presto a dare regolarmente il mio contributo quotidiano alla testata».