Sono stati attori di una serata al teatro Oscar a dicembre dove hanno dimostrato la loro bravura e la capacità di trascinare il pubblico. Alti&Bassi è il nome del gruppo, un componente del quale è nato, vissuto e risiede nella zona di piazza Salgari. Occasione perfetta allora per incontrare Diego Saltarella, per ascoltare la storia di questo complesso la cui caratteristica, non usuale nel panorama musicale italiano, è di cantare a “cappella” ricreando musicalità sfruttando le capacità vocali per “imitare” suoni e melodie.
Diego da 24 anni è insieme ad Alberto Schirò, Paolo Bellodi, Andrea Gambetti, Filippo Tuccimei (i “compagni di palco”, come li definisce scherzando), ultimo entrato nella band che aveva mosso i primi passi nel 1994. Dopo un primo periodo come complesso musicale, sull’esempio di gruppi già attivi negli Stati Uniti Alti&Bassi decidono di fare qualcosa di nuovo e creare, primi in Italia, un gruppo a cappella eliminando gli strumenti. I Neri per Caso, vincendo Sanremo nel ’95, li anticipano, ma loro non demordono e arrivano a produrre il loro primo cd e a farsi conoscere con trasmissioni televisive e radiofoniche.

L’ingresso di Diego nella formazione avviene per caso quando il tecnico del suono degli Alti e Bassi gli segnala che il gruppo è alla ricerca di un elemento da sostituire. «Mi presento, senza aver studiato come mio solito, – racconta Diego – ma il provino è andato bene. Sono stato preso nel gruppo e da allora non mi sono più mosso».
La tua base musicale da dove arriva?
«Ho iniziato da piccolo nella scuola del coro del Duomo, ho fatto parte di piccoli gruppi rock, sono passato al musical e anche al gospel acquisendo un background musicale che mi è servito nella mia carriera».
Carriera che lo ha visto dirigere per dieci anni il coro della parrocchia di San Pio V, dove cantava il padre, quando il vecchio direttore gli passò la bacchetta: «Moraschi era un fenomeno, un bravissimo maestro con una esperienza notevole – precisa Diego -. Ho ricompattato il coro, che ai tempi poteva contare su una base di cantanti che abitavano in zona».

Torniamo al 2000 quando fai il tuo ingresso negli Alti&Bassi.
«Da allora abbiamo creato un gruppo affiatato. Il trovarsi due volte la settimana per le prove ha cementato una bella amicizia che prosegue tutt’ora». La riprova sono i concerti e le apparizioni televisive o le cento puntate radiofoniche fatte per la radio svizzera, o la presenza al contest di Boston con gruppi “a cappella” da ogni parte del mondo.

Un repertorio diversificato, visto il concerto all’Oscar organizzato dall’Immobiliare Ferrari.
«Andiamo dalla classica al pop, dalla musica anni ’50 al rock con qualcosa di Sting o dei Queens. Anche i Beatles che abbiamo “cantato e suonato” in un programma svizzero dedicato ai 50 anni della loro carriera. Un elenco abbastanza lungo di luoghi, in Europa oltre che in Italia, e trasmissioni dove siamo stati, senza dimenticare la tournée a Taiwan nel 2018. Ci piacerebbe farne una negli Usa e qualcosa in Sudamerica».
A questo si aggiungono diversi cd con canzoni di ogni genere che, racconta Diego, «… sono frutto di nostri arrangiamenti e della bravura di Alberto in questo campo. Possiamo dire di prendere spunto ma non di copiare altri arrangiamenti. Ci piace lavorare sulle armonie, sui ritmi, prendere brani conosciuti e rifarli a modo nostro».
Alti&Bassi è stato il primo gruppo a cappella a produrre un cd di canzoni scritte da loro, “La nave dei sogni”, che nel 2016 ha ricevuto The Accademia Music Award a Los Angeles come best song a cappella.

Il medley dedicato a Walt Disney ha avuto un ottimo riscontro all’Oscar.
«Devo dire che quello è un pezzo che non possiamo non fare nei nostri concerti. È un punto fisso da vent’anni. Piace a tutti».

Una domanda tecnica: è difficile cantare a cappella?
«Certamente, non hai mai tregua e fiato: in uno spettacolo sei sempre tu, non è come cantare con un’orchestra che ti dà modo di riprendere fiato; poi soprattutto moltiplicalo per cinque. Anche quando non fai spettacoli per un po’ e riprendi, richiede di nuovo impegno anche fisico. Tutto a memoria: melodie e parole».
Nel concerto di dicembre una cosa mi ha colpito. La capacità di fare spettacolo interagendo con il pubblico, ritagliarsi battute tra un pezzo e l’altro, prendersi in giro tra di voi. «Come ho detto siamo compagni di palco e ci piace scherzare tra di noi. Ogni tanto ci diciamo “Siamo dei cantanti, non esageriamo”. Bonariamente, per questo nostro modo di intrattenere il pubblico, il grande Intra ci ha etichettato come “5 cialtroni”».

Fate solo gli Alti&Bassi?
«No, io e Paolo abbiamo attività di altro genere, due sono musicisti a tutti gli effetti, mentre Andrea è titolare della Preludio, la sala di incisione dove andiamo a provare e registrare. La nostra è una seconda professione; campare di musica è dura, non ci sono grandissime opportunità oggi come oggi».

Nuovi progetti, cd, concerti?
«Per il 2024, uno è festeggiare i 30 anni e fare uscire un cd. Poi abbiamo 10 date in Cina, dovevamo andarci nel ’19, piuttosto impegnative. Un altro progetto è un concerto al Blue note a Milano, un palcoscenico importante. Poi due o tre progetti sul team building e altro ancora».

Da grandi cosa volete fare?
«Arrivare a diventare grandi già sarebbe un successo. Sicuramente sempre qualcosa di nuovo, grazie ad Andrea che ci sprona a fare e che ci veicola con i social e col sito, qualcosa che ci tenga vivi musicalmente, che ci faccia migliorare, trovando sempre il modo di divertirsi. Se fosse una professione che ci obbliga solo a fare serate senza divertimento non reggerebbe. Poi i cantanti non sono mai vecchi e non pensiamo ancora di andare in pensione. Lo dico ai miei soci. Noi dobbiamo trasformarci in classici, perché essere classici non ci fa diventare mai vecchi».

Al massimo vintage.