Massimiliano Masuelli, una vita tra la passione per la buona cucina e grandi incontri

Virginia Bertola, nonna di Massimiliano Masuelli, davanti alla trattoria negli anni ’30 ©Masuelli

A un anno dalla scomparsa di Pino Masuelli (1937-2023), storico proprietario dell’omonima trattoria di viale Umbria, QUATTRO ha incontrato il figlio Massimiliano Masuelli – 56 anni a breve, di cui 41 di servizio e 36 nel ristorante di famiglia – per un ricordo del padre e dei gloriosi decenni del locale, rinomato non solo in zona ma in tutta Milano.

Sull’insegna esterna c’è scritto “dal 1921”, il che farebbe subito pensare a un recente anniversario. «Il 1921 è l’anno della fondazione dell’attività di famiglia, la sede di viale Umbria esiste dal 1930», precisa Massimiliano accogliendoci. «Fondatori nonno Francesco e la moglie Virginia Bertola, originari di Masio, provincia di Alessandria, i quali, a Milano in viaggio di nozze, aprirono il primo esercizio in via San Vincenzo, poi in viale Bligny e infine qui. Zona strategica dalla spiccata vocazione commerciale: in piazzale Martini e Insubria campi coltivati, in Largo Marinai d’Italia il Verziere e a poca distanza il Macello. Nei primi anni la clientela era costituita da facchini e uomini di fatica».

Sempre stando all’insegna, impossibile non notare anche quel “San Marco”: «Trasferitisi da viale Bligny la burocrazia – già lenta e macchinosa ai tempi – non permise loro di utilizzare subito la licenza della precedente sede per lavorare. Così mio nonno acquistò quella della “Locanda con alloggio San Marco”, in demolizione, pensando in seguito di cambiare nome. Poi se ne affezionò al punto che, ancora oggi, fa parte della nostra storia. Nacque “Trattoria San Marco Masuelli di F.lli Masuelli”, poi invertita nella dicitura attuale “Trattoria Masuelli San Marco” dal 1987, quando sono subentrato qui a mio zio Lorenzo, in seguito all’esperienza, tra le ultime, anche nella cucina di Gualtiero Marchesi in via Bonvesin de la Riva.

A quel periodo risale anche “il pentolone”, logo della trattoria: «L’ha creato Antonio Piccinardi, guru e storico della enogastronomia italiana e internazionale. Ha disegnato anche “Pigiat”, un pigiatore d’uva, emblema della nostra carta dei vini». Quanto ai vini sotto al locale, grazie a una particolare licenza di travaso, avevano inizialmente ricovero botti per l’imbottigliamento: «Mio padre e mio zio si rifornivano da piccoli produttori nell’astigiano, in particolare prediligevano Castagnassa. Qualche volta potevano capitare anche damigiane di Valpolicella, Cortese e Moscato. Poi a seguito di controlli per lo scandalo del metanolo a metà anni ’80 sarebbero stati necessari ammodernamenti e si decise piuttosto di smantellare tutto. Per po’ ci siamo appoggiati all’enoteca Solci in via Morosini, anche se nel tempo non sono mancate visite dirette di altri grandi produttori».

Passando in rassegna i piatti con i quali i Masuelli si sono distinti dal secolo scorso, si spazia dalla tradizione piemontese a quella milanese, in onore all’origine della madre Cleofe, detta Tina, in cucina (87 anni, oggi in pensione): pasta e fagioli, cassoeula, bagna cauda e bolliti, mentre, a dispetto di quello che si potrebbe immaginare, cotoletta e risotto allo zafferano sono arrivati un po’ dopo. Una vera trattoria milanese nel senso più autentico fino agli anni ‘90 quando, con l’occasione di una ristrutturazione, anche accoglienza e menù acquistano un gusto più sofisticato: «Abbiamo cercato di conservare una certa tipicità, semmai esaltandola con l’offerta di una merce ancora più di qualità. Venendo incontro a una clientela che, in particolare dopo l’era Covid, esce una volta di meno ma vuole più certezze, dal vitello tonnato agli agnolotti del plin al sugo d’arrosto o l’ossobuco».

Massimiliano Masuelli ritratto nella sua trattoria, 2021©

Questi i punti fermi di una vita passata ai fornelli, quasi mai quelli di casa: «Vivevamo al primo piano sopra la trattoria, ma eravamo sempre qui. La cucina di casa era proprio sopra la saletta storica dove è nato Slow Food», spiega additandola.

Tra gli habitué di Masuelli infatti c’era l’eclettico Gianni Sassi: «Era grafico e con la sua ultima società in via Caposile, Intrapresa, mi realizzava le pellicole per stampare menù e carte dei vini». Per Gianni Sassi Masuelli era il secondo ufficio: «Entrava e usciva da qui come fosse casa sua. Lui e gli ospiti di turno salutavano e si prendevano un aperitivo al bancone del bar, iniziando a chiacchierare. Poi, in occasione di pranzi importanti, si riunivano proprio in quella famosa saletta: fumavano, quando ancora si poteva, mentre a tavola parlavano di progetti, gastronomia e degustazioni. Gianni era veramente colto, forse troppo avanti per l’epoca, con visioni futuristiche in un momento storico ancora arretrato. Come la rivista La Gola, oggi considerata primo esempio in Italia di valorizzazione culturale del cibo, nata proprio qui, in uno di quei pranzi. Era avveniristica ma non fu subito capita, anche se, chiaramente, molto apprezzata da personaggi come Carlin Petrini, fondatore dell’associazione Slow Food, che ancora oggi fa tappa da noi quando viene a Milano».

A completare il quadro degli illustri clienti, data la vicinanza con via Spartaco, ai tavoli di Masuelli si sono seduti grandi stilisti, da Prada a Giorgio Armani, cantautori come Franco Battiato e i suoi genitori quando risiedevano in zona, personalità del mondo dello spettacolo da Paolo Bonolis a Claudio Bisio e Cochi e Renato, ma anche star internazionali come Bruce Springsteen e Robert De Niro. «Da noi anche i vip vogliono sentirsi coccolati, senza invadenza. Abbiamo assistito a tante situazioni e se i muri potessero parlare…(sorride alzando gli occhi). Siamo molto richiesti ma teniamo sempre i piedi per terra. Quello che mi interessa prima di tutto è far assaporare i nostri piatti lavorando bene». Dato che la parola “tradizione” è quella ricorsa più spesso la domanda sorge spontanea: e i figli? «Il più piccolo studia alberghiero a Stresa, ogni tanto mi aiuta in cucina. Il maggiore, sommelier, collabora con me. Per adesso però facciano esperienza e seguano la loro strada. Chissà che poi quella strada non li porti proprio qui (sorride)».

Si ringrazia Elena Messana per la collaborazione.

Luca Cecchelli
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