Quale luogo migliore dove incontrare Paolo Bordino, in arte PAO, se non al parco Oreste del Buono accanto al Museo del Fumetto dove lo street artist ha mosso i primi passi, anzi le prime pennellate? I panettoni con le simpatiche facce dei pinguini e un murales sulla parte superiore del Museo sono opera di PAO, nato artisticamente nel 2000 quando iniziò, come gioco, a pitturare i paracarri stradali trasformandoli in pinguini; la forma rotonda ricorda il simpatico pennuto che si muove con la sua tipica andatura sul pack.
Agli inizi qualche problema con i vigili che lo multano, ma la multa venne cancellata a seguito di un ricorso e l’allora vicesindaco si adoperò per fargliela togliere riconoscendo il valore artistico.


Il tuo lavoro spazia su tutta Milano?
«Certamente. In diverse luoghi della città ci sono dei miei murales o su facciate di case o su muri liberi di alcune scuole». A tale proposito PAO in zona 4 ha anche contribuito ad abbellire il muro di una scuola materna alcuni anni fa.
Non solo Milano; altre città italiane hanno visto all’opera questo artista che ha eseguito lavori anche all’estero, Lugano, Parigi e Monaco di Baviera, Cina o Svezia per citarne alcuni, riscuotendo apprezzamenti per il suo stile.
Oltre a utilizzare materiale acrilico per riprodurre i “panettoni” stradali che poi “sprayzza”, PAO negli ultimi tempi usa come supporto la tela, lavorando con colori acrilici, per esprimere le sue idee fantastiche ambientate in paesaggi quali quelli di Alice in Wonderland.
Sei stato definito da un critico come un autore dell’immaginario fantastico.
«Personalmente credo che un artista abbia il compito di immaginare soluzioni positive ed esprimerle. Ci sono autori che mostrano le brutture del mondo attraverso una critica sociale per svegliare le coscienze. La mia indole mi porta a immaginare soluzioni positive, pitturando angoli grigi della città, e la fantasia serve a questo. Quando dipingo un mondo fantastico faccio entrare varie riflessioni, come se il dipinto fosse la porta di un mondo fantastico che posso esplorare con la fantasia».
Uno stile definito pop. È vero?
«Sicuramente. C’è del pop in senso di popolare; la mia non è arte esclusiva per cui bisogna leggere la spiegazione per capirla. Ci sono molti livelli di lettura ma il primo che deve arrivare a tutti è la scelta dei colori».
Effettivamente i colori vivaci, ben distinti tra di loro, senza sovrapposizioni, dalle linee ben precise, sono il primo livello di lettura, poi si passa al soggetto e al contesto in cui è inserito, godendo infine della gradevolezza del risultato. A conferma, le parole di PAO: «Sono immagini comprensibili, di facile lettura. Però ci trovi riflessioni sulla trasformazione della natura come gli ultimi quadri legati ai mutamenti climatici. Però se ti disegno un deserto non ti parlo di morte o di distruzione, già c’è la realtà che è negativa, ma uso la fantasia per modificare in positivo la realtà».


Non poteva mancare la domanda finale: progetti?
«Visto il luogo dove ci troviamo mi piacerebbe mettere mano al muro che sta dietro la pista da skateboard ma dovrei trovare degli sponsor. Per il materiale non ci sono problemi. Il problema sono le impalcature, la preparazione del muro, i permessi che hanno un costo. Sono in contatto col Comitato zona delle Regioni e assieme stiamo cercando di portare avanti questo progetto».
L’ultima “opera” di PAO, invece, è stato un arco all’ingresso di Paolo Sarpi in occasione del Fuori Salone. Soggetto, l’incontro tra Italia e Cina per sottolineare come due realtà diverse possano convivere recependo l’una le positività dell’altra e viceversa. In sintesi, valorizzare le differenze di ognuno e prendere il meglio.